Mentre il Paese e i partiti sono divisi su una legge che il maggior numero di parlamentari sembra non reputare necessaria per l’integrazione, il presidente della fondazione Migrantes della Cei, monsignor Gian Carlo Perego, si schiera dalla parte di chi è favorevole al riconoscimento della cittadinanza a coloro che nascono in Italia da genitori stranieri.
Si possono condividere o no le posizioni della Cei, ma la dichiarazione del monsignore un effetto lo ha sortito, ha radicalizzato le posizioni e allontanato le soluzioni.
Io credo che la Chiesa non deve schierarsi, i loro rappresentanti hanno il dovere morale di aiutare i cittadini del mondo a trovare delle soluzioni condivise e moderate, ma nel rispetto delle leggi dei singoli paesi.
Dare la cittadinanza automatica a chi nasce in Italia, non credo che migliori l’integrazione. Abbiamo degli esempi non edificanti in Francia, Belgio, Germania e Regno Unito, dove molti immigrati di prima, seconda e terza generazione rifiutano cultura, usi, costumi, e persino le leggi, cercando di sovvertirle con i loro attentati.
L’Italia garantisce a tutti gli stessi diritti «anche agli immigrati regolari», ma la cittadinanza deve essere concessa solo a chi dopo un percorso di integrazione rispetta le leggi e condivide le nostre abitudini.
È giunto il momento di parlare anche di doveri e non solo di diritti per gli immigrati, l’accoglienza è per noi un valore ma non deve essere scambiata dagli accolti come una debolezza.
Gerardo Valentini