di Gerardo Valentini
“Piazza delle mie brame, chi è il più di sinistra del reame?”
Ormai, tra il M5S di Giuseppe Conte e il PD di non-si-sa-bene-chi, visto che lo sbiaditissimo Enrico Letta è agli sgoccioli della sua sciagurata segreteria, la partita è tutta qua: atteggiarsi a difensori dei deboli e degli oppressi. Ergendosi entrambi a Sommi Paladini del reddito di cittadinanza.
Per il PD, a dire il vero, la conversione è abbastanza recente. Nel 2019 votò massicciamente contro la legge di conversione. Adesso lo innalza a vessillo del suo affannoso e risibile restyling: da braccio operativo dell’establishment, puntualmente appiattito sui dettami della Commissione Europea e sui luoghi comuni della globalizzazione inevitabile, a grande partito popolare, preoccupato innanzitutto di tutelare le fasce sociali più disagiate. O “meno fortunate”, come dice più di qualcuno con un viscido eufemismo.
Incoerenze del PD a parte, sul ricorso alle piazze le posizioni coincidono. Sia gli uni che gli altri hanno preannunciato, e sbandierato, che organizzeranno delle grandi manifestazioni popolari per protestare contro la decisione dell’esecutivo di invertire la rotta in materia di RdC, ripensandone a fondo non solo i requisiti e le modalità di assegnazione ma soprattutto le finalità.
Basta con l’attuale sistema che si basa su dei sussidi a lungo termine e che finisce con l’incentivare un atteggiamento rinunciatario nei confronti della ricerca di un’occupazione.
Al suo posto, invece, una nitida separazione tra chi non lavora perché vi sono delle ragioni oggettive che glielo impediscono e chi, al contrario, preferisce ricevere i quattrini pubblici senza muovere un dito. I primi devono essere tutelati. I secondi vanno scossi. E aiutati sì, ma a conseguire quelle capacità lavorative che li metteranno in condizione di trovare un impiego.
Buona volontà e delle competenze specifiche in questo o quell’ambito produttivo: una miscela che di regola funziona.
Conte sbraita, il PD si indigna…
L’approccio del governo è questo. E in linea di principio è del tutto logico, anche se è vero che da solo non può bastare a risolvere il problema della disoccupazione. Per completarne gli effetti positivi sarà necessario intervenire in maniera altrettanto netta sul mercato del lavoro, che a sua volta si è enormemente degradato negli ultimi decenni.
L’errore è altrove. Ed è un vizio d’origine. È il modo in cui proprio i Cinque Stelle hanno concepito e poi imposto la loro versione del RdC: un miscuglio quanto mai ambiguo di assistenzialismo su vasta scala e di politiche del lavoro che non hanno mai preso quota, per il semplice e colpevole motivo che erano basate su dei meri auspici privi di fondamento. Ovvero su delle chiacchiere, per dirla in modo meno garbato.
Oggi Conte sbraita, chiamando alla sollevazione popolare e affermando che «il governo vuole togliere l’unico sostegno che non ha mandato per strada milioni di persone. Se vogliono accanirsi contro gli ultimi, troveranno un muro. Non possiamo permettere un massacro sociale».
Dovrebbe fare un “mea culpa”, invece.
Dovrebbe riconoscere che è stato il suo partito (che del movimento, ormai, ha soltanto il nome) a generare questa confusione inaccettabile tra due piani che bisogna tenere accuratamente distinti: quello della povertà del tutto involontaria, che merita appieno il soccorso pubblico, e quello della disoccupazione che almeno in parte è dovuta a carenze personali, di atteggiamento o di preparazione.
Le opposizioni, perciò, farebbero bene a lasciar perdere le proteste di piazza, con la minaccia neanche molto velata di scatenare delle reazioni violente, e a mantenere la discussione, o anche la contestazione, nelle sedi istituzionali, a cominciare dal Parlamento.
Sperare di riconquistare in quattro e quattr’otto la credibilità perduta è un calcolo tanto cinico quanto sbagliato. È una scommessa che sono destinati a perdere.
Si illudono loro, perché non è nemmeno lontanamente vero che “le masse” sono in grande maggioranza a favore del RdC. E perché, quindi, il governo non si lascerà affatto condizionare. Come ha detto Giorgia Meloni, «Figurarsi se mi faccio spaventare dalle manifestazioni di piazza, ne ho fatte milioni».
Ma quel che è peggio, che è molto peggio, illudono quegli strati della popolazione che sono sprofondati in un torpore vittimistico e vorrebbero restarci vita natural durante grazie ai denari di Stato. Senza capire che la loro è una condizione, non una condanna.
Sono finiti ai margini per una serie di circostanze sbagliate. Vanno restituiti alla piena dignità di cittadini e di lavoratori. Di nostri connazionali.