Di Gerardo Valentini
Esiste un copyright sui problemi sociali? E può esistere, in particolare, su un problema arcinoto come la sanità pubblica e le abnormi liste d’attesa per ottenere le prestazioni dovute, a cominciare dagli esami urgenti o urgentissimi?
La risposta è no. Ovviamente.
Sono realtà che purtroppo sono sotto gli occhi di tutti e l’abilità non sta certo nel segnalarle. Il vero titolo di merito è risolverle. O almeno cominciare a farlo, compatibilmente con le (modestissime) disponibilità dell’erario.
Il governo Meloni ha dato il via in questi giorni, con i suoi ultimi atti prima delle Europee. Ristabilendo innanzitutto il principio, elementare in teoria ma disatteso e umiliato nei fatti, per cui il rispetto delle scadenze prefissate non è un ideale astratto ma uno standard concreto. Non un optional eventuale ma un obbligo tassativo.
Non è che si cerca di assicurarlo e poi, ahinoi, le cose vanno come vanno.
No: lo si garantisce e stop. Lavorando anche i sabati e le domeniche. Utilizzando in convenzione le strutture private dove quelle pubbliche non ce la fanno. Avvalendosi, anche qui a tariffe prefissate, dei dottori che svolgono attività “intra moenia”, ossia come professionisti privati ma nei locali delle Asl.
Ribadiamolo: problemi arcinoti. E intanto li si affronta. Intanto si fa questo.
Gli scopritori dell’acqua calda
Il PD non gradisce, invece. Un po’ attacca il Governo con le solite litanie – “è solo propaganda”, “i soldi non bastano”, “noi sì che siamo seri” – e un po’ gonfia il petto. Rivendicando a gran voce, dalla segretaria in giù, di aver posto già da molto tempo la questione della sanità pubblica che traballa.
Il suddetto copyright, in pratica.
Se non ci fossero stati loro, a rimarcare le inefficienze del settore, sarebbe rimasto tutto com’era. E l’Esecutivo, figurarsi, non avrebbe mosso un dito.
«Sono felice – dichiara Elly Schlein – che ancora prima del voto dell’8 e del 9 giugno, la nostra campagna sulla sanità pubblica abbia già ottenuto un primo risultato: costringere il governo ad ammettere che avevamo ragione noi. E cioè che non ci sono risorse sufficienti per abbattere le liste di attesa».
Francesco Boccia, capo dei senatori dem, le va dietro e lo fa via X (l’ex Twitter). “Sei costretta a darci ragione” scrive commentando/stroncando il video postato da Giorgia Meloni, in cui la premier parlava delle nuove misure.
Quanto agli altri “deputati, candidati e dirigenti dem” che si sono precipitati a ingrossare il coro, vi risparmiamo il florilegio. Per passare all’unico aspetto che vale la pena di discutere: la scarsità dei fondi con cui intervenire.
Secondo il PD, e compagnia cantante, il governo Meloni ha invertito la tendenza precedente, così virtuosa e progressista, riducendo per scopi più o meno loschi la spesa sanitaria. Non già in valori assoluti ma in rapporto al PIL.
Prima si agiva a favore dei cittadini. Adesso gli si dà contro.
Chi di fact-checking ferisce…
Lasciamo perdere i ghirigori retorici dei dem e concentriamoci sul punto chiave: gli stanziamenti del governo in carica segnano davvero un’inversione di rotta rispetto al passato?
Gli analisti di pagellapolitica.it se ne sono occupati recentemente, dopo che Elly Schlein era stata ospite del talkshow DiMartedì su La7. In effetti, però, avevano già approfondito il tema l’anno scorso, nel mese di giugno, replicando all’ex ministro della Salute Roberto Speranza. Il quale, già un po’ lugubre di suo, aveva intonato il de profundis: «Sotto il 7 per cento si mette a rischio l’universalità del servizio sanitario nazionale e del diritto alla salute».
I fact-checker si sono messi all’opera e lo hanno smentito. Su un pezzetto di verità, il calo delle percentuali rispetto al PIL, veniva costruito un castello di menzogne.
“Se si recupera il Def di aprile 2022, approvato dal governo di Mario Draghi con Speranza ministro della Salute, si leggono percentuali di fatto identiche a quelle appena viste. Nella primavera di un anno fa il governo Draghi prevedeva una spesa sanitaria pari al 6,6 per cento nel 2023, al 6,3 per cento nel 2024 e al 6,2 per cento nel 2025.”
Nei confronti di Elly, naturalmente, la musica è stata identica.
“Schlein dice che questa riduzione in rapporto al Pil l’ha decisa il governo Meloni, e non il suo partito. In realtà di recente, quando ha supportato il governo Draghi con Roberto Speranza ministro della Salute, anche il PD aveva previsto un calo della spesa sanitaria in rapporto al Pil negli anni successivi al 2021.”
Un classico: se le stabiliscono loro, i democratici, le restrizioni sono oculate e doverose; se invece vengono decise dalle destre, notoriamente autoritarie e anti popolari, allora si tratta di puro arbitrio.
Postilla sottintesa: i fact-checkers sì… ma solo filo PD.
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