Di Gerardo Valentini
Il pronunciamento è a sezioni unite. E quindi ha la massima forza possibile: non si tratta soltanto del parere di alcuni giudici, che poi potrebbero essere smentiti da altri colleghi di pari grado, ma del giudizio complessivo della “Suprema Corte”.
Un responso preciso e, si spera, definitivo. Sia pure in attesa delle motivazioni, che come sempre arriveranno in seguito.
Il punto chiave della sentenza appare inequivocabile: fare il saluto romano, di per sé, non viola la legge. Nemmeno se il gesto avviene in pubblico e da parte di un gruppo di persone. Benché il suo richiamo al Ventennio sia oggettivo, ciò non basta a configurare un reato.
La Cassazione lo spiega con estrema chiarezza.
Per rendere quella condotta perseguibile, integrando “il delitto previsto dall’articolo 5 della legge Scelba” è necessario andare oltre e valutare se essa “avuto riguardo a tutte le circostanze del caso, sia idonea a integrare il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista”.
Sembra la scienza dell’ovvio. Il richiamo astratto non può essere equiparato a un progetto politico operativo. Operativo e minaccioso.
A qualcuno piacciono i Savoia e magari, rimpiangendoli, si inneggia a ciò che furono? Qualcun altro adora l’URSS, o addirittura Stalin, e si ostina a celebrare il comunismo sovietico?
Potrà dare fastidio e apparire persino folle, ma non è certo sufficiente per accusare gli uni o gli altri di attività sovversive, finalizzate al rovesciamento della Repubblica e al ritorno della monarchia. Oppure all’avvento del bolscevismo.
Le idee sono idee. E fintanto che restino tali non è lecito criminalizzarle, nell’intento di rimuoverle d’autorità dalla coscienza collettiva.
Eppure, è proprio questo ciò che è accaduto in innumerevoli occasioni. Anche recentissime.
Elementare, Elly
Appena una decina di giorni fa, dopo l’ennesima commemorazione delle vittime di Acca Larenzia in cui i partecipanti, come ogni anno, hanno reso omaggio a ciascuna delle vittime gridando “Presente!” e levando le braccia nel saluto romano.
Nel mondo della sinistra, o sedicente tale, ci si è buttati a capofitto. Con Elly Schlein in prima linea. Così indignata che esagera.
In realtà si tratta solo di qualche centinaio di individui, o al massimo di un migliaio. Lei li scambia per le adunate oceaniche di Piazza Venezia: «Siamo a Roma nel 2024 ma sembra il 1924. Quel che è accaduto non è accettabile. Le organizzazioni neofasciste vanno sciolte, come dice la Costituzione».
Alle solite: la liderina locale che cerca di atteggiarsi a super leader nazionale. L’antifascismo è un evergreen, o un ever-red, e lei lo intona a pieni polmoni.
Anche se d’ora in avanti, dopo l’altolà della Cassazione, sarà un tantino meno facile: la nostalgia non è reato, se non si imbraccia il moschetto.
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