di Gerardo Valentini
Le buone intenzioni? Quelle abbondano, come sempre.
L’ennesima dimostrazione è arrivata giusto ieri. Diverse zone di Roma sono sommerse dai rifiuti non raccolti e in un’intervista pubblicata sull’edizione romana del Corriere della Sera il presidente di AMA, Daniele Pace, se la cava così: «Stiamo cercando di mantenere Roma pulita al massimo delle nostre capacità. L’obiettivo è cercare di ottimizzare le risorse attraverso una logistica differente e un migliore uso delle tecnologie e delle macchine; in parallelo, dobbiamo riorganizzare l’azienda per uscire dall’allarme permanente. Se ci riusciremo, di sicuro tra un mese la situazione migliorerà. Roma ha diritto di essere pulita».
Bei discorsi. Come al solito. Costellati di affermazioni di principio (il diritto di Roma a essere pulita: ma va?!) e di pseudo analisi che si risolvono puntualmente in una autoassoluzione (stiamo già lavorando “al massimo delle nostre capacità”).
Dal punto di vista di Pace, c’è da supporre, dovrebbero suonare rassicuranti. Quello che non è stato fatto si farà, quello che non è stato raggiunto si raggiungerà, e via di questo passo. La constatazione dei problemi tuttora irrisolti – “Caos rifiuti da Pietralata all’Appio”, per tornare al Corriere della Sera e al suo titolo di ieri – viene rovesciata all’istante nel suo contrario. Ossia in una promessa di ritrovata efficienza: se non proprio subito, in un futuro relativamente vicino.
Attendere, prego.
“Ci scusiamo per l’inconveniente…”
Sul seguito ci si può scommettere. Perché è quello che abbiamo visto in mille altri casi.
I proclami sul risanamento prossimo venturo verranno smentiti dalla realtà e piomberemo daccapo nel tran-tran abituale. In bilico tra il disbrigo affannoso dell’ordinaria amministrazione, quando va bene, e il tracollo dell’emergenza senza scampo, non appena c’è un aggravio ulteriore. Benché ampiamente prevedibile, come in questi giorni di festa e di ritorno, per fortuna, a un arrivo massiccio di turisti.
La giustificazione, si fa per dire, è bell’e pronta. E la si confeziona pescando nel consueto repertorio delle difficoltà impreviste e delle colpe altrui: noi volevamo fare bene, anzi benissimo, ma le circostanze non ce lo hanno permesso. Non siamo mica noi a non essere all’altezza del compito istituzionale che ci siamo presi. Macché: è il destino “cinico e baro”. Sono le incrostazioni del passato. Le troppe situazioni sulle quali, ahinoi, non abbiamo modo di intervenire.
È l’Ineluttabile.
Meno auspici, più progetti operativi (e dettagliati)
Detto chiaro e tondo: siamo stufi dei buoni propositi che restano tali. E che quindi si riducono, all’opposto, a essere pessime chiacchiere. Più o meno fumose. Più o meno capziose.
L’attuale sindaco di Roma si è ormai insediato da oltre un anno, essendo stato eletto a ottobre 2021. Inoltre – e a dire il vero questo dovrebbe valere per chiunque aspiri a cariche analoghe – non è che si possa concedere la scusante di un apprendistato che comincia con l’inizio del mandato: la competenza, quantomeno riguardo ai principali problemi amministrativi che si andranno a gestire, deve sussistere già da prima. Se ci si propone per governare, è indispensabile sapere in anticipo come si intende farlo. Il che significa, ovviamente, essersi preparati a tale scopo. E non solo a grandi linee, ma in maniera specifica e approfondita.
Trovare le soluzioni adeguate non è un optional. È un obbligo inderogabile nei confronti dei cittadini. Nel suo programma elettorale Roberto Gualtieri aveva scritto pari pari “Rifiuti: la città finalmente pulita”.
Stiamo ancora aspettando.
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