di Gerardo Valentini
Ma sì, corriamo il rischio che sembri uno slogan: “la priorità è il lavoro”.
Lo è davvero, e in tutta Italia. Sia pure con le arcinote e massicce differenze tra il Nord e il Sud. Le percentuali cambiano, e anche molto, ma parecchie delle cause, e delle patologie, sono le stesse.
Un degrado ad amplissimo raggio che ha portato al dilagare di precarietà e disoccupazione. Tra le difficoltà reali degli imprenditori in buona fede, che certe misure inique le adottano solo perché pressati dalle enormi difficoltà del mercato, e le speculazioni di chi i contratti capestro li userebbe comunque. E infatti li usava anche prima, come nei call center o nelle consegne a domicilio effettuate dai “rider”.
Queste tendenze deteriori erano già in atto da tempo, ma nel giro di nemmeno tre anni sono state aggravate, e quanto, dai tre fattori straordinari che si sono aggiunti: l’emergenza Covid, l’aumento dei costi per l’energia e, quasi in parallelo, la guerra in Ucraina.
Una somma di elementi negativi che, al di là del modo in cui sono stati gestiti qui in Italia, hanno condizionato pesantemente il quadro economico. Innestandosi, per di più, su quella lunghissima serie di processi assai insidiosi, e accelerati in maniera dissennata, che si sono instaurati con la globalizzazione.
Il dato di fatto è che la competizione esasperata, e asimmetrica, ha costretto le imprese a tagliare i costi, rendendo il lavoro dipendente sempre più incerto e mal retribuito.
Ripetiamo: è un problema di portata generale. Anche se qui di seguito, e soprattutto negli altri interventi successivi, ci concentreremo sul Lazio. Dove, come saprete, andremo a votare per le Regionali nei giorni del 12 e del 13 febbraio 2023. Con la possibilità, appunto, di farlo sia la domenica, nel consueto orario tra le 7 e le 23, sia il lunedì, dalle 7 alle 15. Una scelta saggia e che andrebbe adottata sempre. A maggior ragione oggi che le percentuali dei votanti si sono così ridotte, fermandosi poco sotto il 64% nelle Politiche dello scorso settembre.
Bene: se il centrodestra otterrà la vittoria, come ci auguriamo, si potrà creare un importantissimo asse tra il governo nazionale e la giunta insediata a via della Pisana. Una sinergia costante che, inoltre, andrebbe di pari passo anche riguardo alla durata, visto che i cinque anni delle rispettive legislature sarebbero quasi coincidenti.
Il filo conduttore esiste già ed è nitido. È quello che si ritrova nei principi di politica economica su cui si basa la Manovra messa a punto da Palazzo Chigi.
Aziende che crescono, aziende che assumono
L’approccio è duplice. Ed entrambi gli aspetti, naturalmente, devono procedere in parallelo.
Da un lato, si mira a rafforzare il sistema produttivo, smettendo di soffocarne lo slancio imprenditoriale con un eccesso di vincoli burocratici e di oneri tributari. Dall’altro, abbattendo la contribuzione, si facilitano sia le nuove assunzioni sia il passaggio ai rapporti a tempo indeterminato, iniziando al contempo ad alleggerire il cuneo fiscale, vedi tra l’altro l’aliquota ridotta ad appena il 5% per i premi di produzione.
È proprio questo cambio di mentalità, a segnare la differenza rispetto ai governi di centrosinistra e a dover ispirare anche le politiche regionali.
È il passaggio a una visione molto più dinamica ed espansiva, in cui gli imprenditori e i loro dipendenti si sentano uniti da un obiettivo comune e di reciproca soddisfazione: essere parte di una società che crea ricchezza e la condivide.
Un habitat socioeconomico in cui il lavoro non è soltanto una spiacevole necessità, finalizzata alla sopravvivenza, ma lo spazio vitale in cui dispiegare le proprie energie e vederle riconosciute e valorizzate. Mentre, di contro, il sostegno pubblico diventa l’extrema ratio. Il rimedio residuale, benché tempestivo e fraterno, nei confronti di chi si trovi suo malgrado nell’effettiva impossibilità di contribuire attivamente allo sviluppo complessivo.
Fine dell’assistenzialismo ambiguo, come lo è stato il Reddito di cittadinanza, e strada spianata a chi abbia la voglia e la volontà di darsi da fare. Meritandosi un onesto lavoro, onestamente inquadrato. Onestamente retribuito.
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